martedì 6 novembre 2012

non siamo soli


Prima o poi doveva accadere.
Me lo sentivo da tempo.
In un luogo imprecisato, in una delle poche radure rimaste nei pressi della piazzetta di Falciano, complice il sopore del primo pomeriggio che ha richiesto più di una correzione di rotta… sono atterrati gli alieni.
Un vigile in pensione ha subito detto loro che lì non si poteva parcheggiare… vigliàca ad c’la putèna t’an po’ miga ste lè!... che’t ciàp e pòst ad cinquènta màchini!!!... sembra aver detto.
Spaventati dal tono marziale della sua voce gli alieni sono subito risaliti a bordo per fare rotta verso Torraccia e, infilando a stento con la loro astronave vintage l’arco delle frecce bicolori (nota pattuglia di volo acrobatico locale) si sono caracollati fino al crinale di un calanco dove sono atterrati con insospettata goffaggine rimanendo in bilico.
Il loro comandante, un alieno paffuto e gioviale con occhiaie profonde ed occhi perennemente braccati dalla congiuntivite astrale, ha ordinato subito agli alieni più in carne di stanziare a monte del crinale per fare da contrappeso a lui e a quelli che, insieme a lui, erano impegnati nella manovra di attracco, che consisteva nell’assicurare con una cima laser la navicella al campanile della chiesa di Dogana.
Finalmente sono scesi.
E, presi dall’euforia per l’evento tanto atteso, hanno stappato una bottiglia di Dom Bairo l’uvamaro  che pensavano fosse una tipica bevanda locale.
Dopo averne bevuto copiosamente, e tirato qualche stecca liberatoria all’indirizzo di qualche suprema entità astrale che a noi non è dato di conoscere, si ricomposero in un briefing che il comandante aveva chiesto immediatamente per fare il punto sul motivo della loro venuta.
Dovevano individuare il punto esatto in cui scrivere un messaggio ai terrestri… una cosa che da ormai troppo tempo gli stava sul gozzo.
Al comandante alieno il Dom Bairo aveva dato il colpo di grazia, nonostante sapesse bene che il metabolismo alieno va poco d’accordo con l’alcol se n’era bevuto tre bicchieri, più un altro mezzo confiscato per rappresaglia al timoniere laser che gli era sempre stato sul cazzo.
Disse, in qualche modo, all’equipaggio, che bisognava muoversi da lì per trovare una posizione più stabile e lavorare con millimetrica precisione all’angolatura ideale per sparare l’ologramma.

Sì, perché l’obbiettivo della loro spedizione era proprio quello: avevano avuto l’incarico d parte dell’alto consiglio di tutte le civiltà aliene (tranne una, che si era dissociata) di finirla una volta per tutte con quella storia che gli stava sul gozzo.
Dovevano proiettare sulla volta celeste, in modo che fosse visibile a tutto il territorio di lingua italiana, un gigantesco ologramma in cui si leggesse a chiare lettere il loro messaggio di monito.
Ma per farlo serviva una superficie ideale di rimbalzo.
Dopo anni di sopralluoghi virtuali con interstellar google hearth si era giunti alla conclusione che l’unica superficie ideale, per il rimbalzo dell’ologramma, in tutta la faccia della terra era la pancia della rupe del monte Titano.
Ma c’erano dubbi sulla sua tenuta. La forza da imprimere al raggio per un’efficace diffusione di rimbalzo nella volta celeste doveva essere notevole, e la roccia del Titano, stratificata con sedimenti monofase, poneva qualche interrogativo.
Ma il comandante era ubriaco e gasatissimo, sentiva odore di gloria interstellare, quindi voleva provare subito.
Dopo aver verificato che non ci fosse nebbia aggrappata ai coglioni del monte, perché la nebbia rompeva il cazzo, diede ordine all’equipaggio di schierarsi, ed indossare gli occhiali.
Un noto stilista alieno aveva avuto la botta di culo di fornire occhiali disegnati e firmati da lui alla spedizione, fiutando un grande ritorno pubblicitario e magari, in caso di riuscita della missione, anche gloria cosmica eterna.
Quegli occhiali erano scomodissimi, e davano anche la nausea, però erano fighi da bestia, anche gli alieni più sfigati, con addosso quelli, sembravano stelle del cinema intergalattico.
Il problema era la nausea, però. La nausea aliena non è come la nostra, loro quando hanno la nausea levitano di quaranta centimetri e svolazzano come farfalle notturne in vorticosi sconquassi finchè non arriva un poderoso rutto metallico a porre fine a tutto.
Dopo il coro di rutti il manipolo di coraggiosi extraterrestri era pronto a sparare il raggio, col rischio di sbriciolare il millenario fondoschiena della gloriosa repubblica extracomunitaria.
Dovevano far presto, gravava su di loro l’angoscia che gli proveniva dal fatto di sapere che non gli sarebbe stato facile ripartire da lì per tornare a casa… si erano documentati, sapevano che sarebbero dovuti passare inosservati davanti ai cannoni degli austriaci, sul poggio castellano, che da un bel po’ aspettavano di fare lo shampo a Garibaldi, e poi, cosa ancor più difficile, superare i posti di blocco della guardia di finanza che vegliavano sull’aerovia soprastante lo scalo di Torraccia.

Erano quasi pronti per puntare e sparare quando si materializzò davanti a loro un uomo, un terrestre… li guardava con sufficienza, portava il cane a pisciare.
Il comandante si fece avanti in prima persona ad affrontarlo con il suo noto charme. Era tornato in forma smagliante, anche se combatteva con i postumi dell’essere stato seduto per milioni di chilometri in una posizione che non andava molto d’accordo con il suo tallone d’Achille: le emorroidi aliene, che sono una cosa spaventosa.
Si fece vicino all’uomo e gli chiese se il loro momentaneo insediamento fosse per lui in qualche modo un problema… l’uomo rispose… sbat’e càz … il comandante interpretò ad orecchio, sapeva di avere un orecchio mostruoso per le espressioni idiomatiche di lingue neolatine terrestri.
Gli sparò immediatamente, ma si prese in un piede, perché aveva usato un’arma vintage che gli era stata venduta da suo cugino.
Era un fiero soldato, e non pianse nel vedere le sue falangi aliene spappolate per terra… sollevò lo sguardo per continuare la conversazione, ma l’uomo non c’era più… e il cane neppure.
Meglio così.

Allora si ripresero le operazioni di puntamento e regolazione della rosa del raggio. Era tutto pronto per il countdown quando, sospeso in aria, si fece strada un lungo fischio, un po’ sfiatato per la verità, poi tre colpetti ripetuti molto più decisi.
Era il vigile in pensione. Stava scrivendo su un taccuino e continuava a fischiare fino a quando non esaurì il fiato.
Poi venne avanti con passo claudicante ma deciso, e sventolò un foglietto giallastro in faccia al comandante. Una multa.
Una megamulta per atterraggio sbilenco con mezzo improprio.
Il condottiero alieno estrasse di nuovo l’arma, ma poi ci ripensò. Non voleva spararsi anche sull’altro piede. Allora usò un più collaudato raggio consuntore, di quelli che ti brucano l’epidermide senza porre fine ai tuoi giorni, ma ti lasciano lì ad urlare ed a rimpiangere di essere nato.
Il vigile in pensione lo parò con il palmo di una mano, il raggio si scompose e rimbalzo da mille parti carbonizzando tutto ciò che incontrava.
Il comandante alieno, stupito, gridò in un italiano perfetto dalle risonanze metalliche… è impossibile che non ti abbia fatto niente!!!...
il vigile mostrò la sua immacolata dentiera in una smorfia di scherno… poi disse… tan m’è fàt gnint, patàca… me aiò la còdga!!!...

Nessuno s’era fatto male, e si stappò addirittura un’altra bottiglia di Dom Bairo l’uvamaro per festeggiare. Gli alieni accettarono la multa, ma non avevano moneta corrente, promisero di pagare con un bonifico laser una volta tornati a casa.
Poi spiegarono al vigile (mentendo spudoratamente) che dovevano fare una gigantografia del monte per incoraggiare il turismo alieno a prendere in considerazione questo bellissimo paese per le vacanze di Pasqua, il vigile disse che però… l’aparecc ì l’èva da purtè ti parchegg dì camper… o m’è parcheggione ilassò…  

loro annuirono in coro, e ripresero, traballanti, le loro posizioni per premere finalmente sul pulsanteGO
Ma il vigile si mise ancora di mezzo e urlò… sa cla mira chi lè t’àn arìv gneca ma Dmagnen!!!... putèna d’cla vigliàca dl’a putèna!!!... a l’avì da tirè sò, zio vigliàc!!!...

A quel punto gli alieni, ubriachi, deconcentrati e confusi, decisero di rinunciare, per quel giorno, e rimandare all’indomani, rigorosamente all’alba e a digiuno.
Il comandante sfidò il vigile a tresette, e ci rimise la pistola vintage ed il suo paio di occhiali firmati, che al vigile stavano da dio, e col cazzo che a lui gli veniva la nausea.

All’alba, precisamente alle sei, diedero l’ultimo ritocco alla mira e spararono.

La pancia del monte non fece una piega, si udì un rombo sordo ed il cielo s’illuminò di giganteschi coriandoli colorati e luminosi… questo era previsto… una specie di scomposizione del raggio nei colori dell’iride… tipo arcobaleno… solo molto più tamarro.
Ora aspettavano con calma, una volta ricomposti i colori, di vedere apparire a chiare lettere il testo del loro messaggio, che era poi il motivo per cui erano venuti.
Infatti piano piano si compose una frase, prima illeggibile, dopo ancora di più… per loro.
Quello che si leggeva non era certo quello che loro si aspettavano… c’era scritto…
MARZIEN… VUILT AVI D’ANDE A FE’ DI BUKEIN… !!!...

Qualcosa era andato storto… ci doveva essere stato un bug che s’era inserito nell’ologramma.
La frase era per loro priva di senso… lettere mescolate a casaccio.
Si sentivano comunque in parte soddisfatti, avevano centrato il monte, e il rimbalzo funzionava con l’angolatura dovuta.
Il resto erano dettagli.
Spensero il raggio.
Avrebbero riprovato più tardi.

Si buttarono a dormire nelle loro brandine, e dormirono di brutto… tutti tranne il comandante, in preda all’isteria dovuta al dolore lancinante che gli provocavano le emorroidi aliene.
Se poi pensava ai milioni di chilometri da fare al ritorno seduto sbilenco al posto di comando si sarebbe sparato, ma aveva anche perso la pistola a tresette col vigile in pensione.
Erano cazzi.

Visto che non dormiva uscì dall’astronave. Il vigile ricomparve in un attimo, li teneva d’occhio.
Il comandante, preciso com’era, si era trascritto nel modo più accurato possibile quel garbuglio di lettere che era apparso alla prima proiezione dell’ologramma. Qualcosa non lo convinceva.
Mostrò la scritta al vigile, chiedendogli se per caso si trattasse di una strana lingua terrestre. Il vigile in pensione lesse e rilesse il foglietto di gommosa carta aliena, poi sentenziò… l’è è dialèt ad savgnèn, o giò da lè… quel cu iè scrèt un’è na roba tenta bèla…
Il vigile masticava un po’ il francese, perché da giovane era stato due anni in Belgio, e provò a spiegare il senso di quella frase al comandante alieno, che capì tutto tranne il significato della parolabukèin, anche se tradotta in francese.
L’anziano vigile fece ricorso a tutta la sua cultura televisiva e provò in italiano, dicendo che si trattava di sesso orale. Ma il comandante, che sapeva benissimo cosa voleva dire “sesso” continuava a non cogliere il nesso. Evidentemente la sessualità aliena era aliena al sesso orale.
Il vigile, dopo avergli presentato un’altra multa per divieto di sosta reiterato, non si trattenne dal dire la sua… um sà che ilè ui’è checadùn ad savgnèn c’uv tò pri e cùl… sgond mè…

Poi il comandante, che evidentemente non aveva capito, dal momento che aveva preso il vigile in simpatia, cominciò a parlare di quanto era dura la vita dell’alieno medio… e che la situazione del loro pianeta non era facile… erano voluti rimanere fuori dall’unione intergalattica (UI)… per salvaguardare la loro identità economica, ma sta cosa, alla lunga li aveva tagliati fuori dai giochi. Così s’erano ridotti a vagare per il cosmo con astronavi vintage, e per di più venivano sospettati di traffici occulti, e fermati continuamente dai posti di blocco dell’UI…
Il vigile commento ò laconico… alòura a sì mès cmè nuìlt… boia dè singulèr!... un gnè piò un sòld da nisciuna pèrta… gnènca ilasò

Il comandante poi stava scendendo nella sfera privata, e parlava di solitudine astrale… di incomunicabilità… grandi temi universali, insomma.
va là va là che se t’è i sòld la solitudine lan t’fa gnenca una pugnata!!! A tel deg mè….

Il fiero condottiero alieno continuava a non capire, forse nemmeno l’autoerotismo era contemplato dalla sessualità aliena.
In ogni caso si stava di nuovo concentrando sul secondo tentativo, nel frattempo il suo vice, espertissimo cibernauta, aveva individuato il bug che aveva causato la sovrapposizione di quella frase alla loro: si trattava di un’interferenza, ed il mittente era un certo Aliènin… che con quello pseudonimo imperversava per l’etere alieno grazie ad un marchingegno elettromeccanico costruito genialmente con residuati bellici di Gambettola ed interfacciato con la tecnologia digitale grazie a suo figlio ingegnere informatico. Il dossier di Aliènin era noto all’interpol per via delle sue dichiarate (a partire dal nome) simpatie veterocomuniste ed alla sua ossessione per gli alieni. Più volte aveva violato frequenze radiotelevisive di ben noti network con i suoi messaggi in dialetto savignanese in cui si dichiarava certo dell’imminente venuta degli alieni per diffondere, e se necessario imporre, il vangelo comunista che avrebbe liberato il mondo dalla piaga del capitalismo.

Non era mai stato preso sul serio, ma siccome rompeva i coglioni,  lo tenevano d’occhio, o meglio, d’orecchio.
La navicella del comandante lui l’aveva intercettata molto prima dell’ingresso nell’orbita terrestre, ma, viste le sue sembianze vintage, la riteneva indegna degli alieni. Era tarocca e sicuramente si trattava di una bufala, o ancor peggio, un complotto che dietro aveva la CIA e i servizi segreti israeliani.
Così era facilmente entrato nel loro ologramma (anche con parecchio culo, però) per boicottare il loro piano, qualunque fosse.

Il vicecomandante cibernauta aveva realizzato una protezione criptata che Aliènin non sarebbe più riuscito a violare.
Tutto era pronto.
Stavolta assisteva anche il vigile, che, dopo aver fatto l’ennesima multa al comandante perchè il veicolo non era targato, e non aveva neanche il bollo e la revisione, si mise comodo su una sedia portata da casa.

Dopo il countdown partì il raggio, che, facendo il pelo a Domagnano, rimbalzo sulla pancia del monte e si scompose in un fuoco d’artificio talmente incredibile che quelli del tre settembre non gli facevano neanche una pugnetta.
Pian piano presero forma le lettere, e subito sì capì che le parole non erano in dialetto… ma neanche in italiano.
Sulla volta celeste campeggiava un impressionante monito:

EL PUEBLO UNIDO JAMA’S SERA’ VENCIDO!!!!!!

E poi, non si sa proprio come, in audio una versione ska dell’inno dell’internazionale socialista.

Inutile dire chi fosse l’artefice di tutto questo.

Il comandante ebbe una reazione all’inizio fredda e composta, poi montò su tutte le furie, fece un cenno di frettoloso saluto al vigile ed urlò:
Andiamo via da sto posto del cazzoooo… porco °ç^§ !!!... proveremo dalla lunaaaa… puttana di quella ^**]]°§::---!!!!!


In pochi istanti erano già sopra l’atlante, ma stavano sbagliando strada, la corressero e scomparvero inghiottiti dal cielo.
Il vigile in pensione dormiva sulla sedia, l’ultimo suo pensiero prima di cedere al sonno fu che sicuramente gli alieni avrebbero trovato il modo per non pagare le multe, ma lui il suo dovere l’aveva fatto.

Nelle notti successive dalla luna arrivarono ciclicamente strani bagliori colorati, insieme ad echi di bestemmie aliene.
Poi, finalmente, un pomeriggio, stampato a chiare lettere sulla volta celeste, ecco il loro messaggio di monito per l’umanità di lingua italiana:

SIAMO QUELLI CHE VOI CHIAMATE ALIENI…
E’ ORA DI CHIARIRE UNA COSA…
AVETE DELLE REGOLE ORTOGRAFICHE DEL CAZZO…
NOI NON CI CHIAMIAMO ALIENI…
NOI CI CHIAMIAMO AGLIENI, CAPITO?
A G L I E N I !!!

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