domenica 24 marzo 2013



Fosse stato ieri ti avrei detto con chiarezza tante cose. Ma oggi non è ieri, un oggi non è mai ieri... sono le regole non scritte del tempo, e non le impariamo mai, per fortuna.
C'è sempre di mezzo una notte, di nebbie piovigginose, o di un sole cieco, o di sogni invadenti.

Ieri ti ho seguito, quando andavi ad aspettarmi nel posto che avevamo pattuito.
Ti ho seguito di nascosto, ti fermavi davanti alle vetrine, e dopo un attimo sentivi freddo... ti ho detto tante volte che le vetrine ti fanno dire... brrrrrrr... che freddo!... poi ti guardi riflessa nel vetro, in quell'immagine dove ci sei tu, ci sono i vestiti che vorresti, o non vorresti, comprare, c'è la gente che passa alle tue spalle, e sembra indifferente a te, a quei vestiti, ognuno disegnato per il dio che hai dentro.
C'è qualcuno che si ferma, accanto a te, a guardare... vi vedete insieme, nel riflesso, lievemente deformati rispetto all'immagine di voi che avete dentro. Serve mettere a fuoco. Serve non esserci per un attimo, e guardarsi da fuori.

Ti ho seguito di nascosto quando sei entrata in quel piccolo bar dove hanno tutti quei tè esotici. Ne hai ordinato uno, ma poi ti sei pentita, perché ci mettevano tanto, a fartelo.
Poi era caldo, lì dentro, e il caldo improvviso ti arrossa le guance. Picchietti i piedi e guardi l'orologio... c'è ancora tempo, ti dici, ma spremi gli occhi come fai quando ti sembra che tutto ormai sia troppo tardi, e non sai perché.

Allora sono entrato, era giusto che lo facessi.
Volevo salvarti.
Mi hai visto, mi hai baciato, stupita, mi hai stampato sulle labbra la tua gratitudine. 
Abbiamo fatto a metà con quel tė che sapeva di spezie lontane e primavere invisibili.
Invece io volevo una birra media, ma ho bevuto il tuo tè... non c'è niente di più indispensabile ed inutile di una birra media alla spina... il mondo ci cammina sopra.

Amore è quando arrivi a salvarla dal pensiero che tutto sia troppo tardi, e la aiuti a finire un tè assurdo che non c'entrava un cazzo con voi e con il vostro appuntamento...

e ti chiedi cosa dovrai ingurgitare domani, al posto della tua birra media alla spina... con la schiuma che trabocca e ti danno il fondo bicchiere di cartoncino, e t'incazzi se hanno finito il fusto, che cazzo, poi ci vuole mezzora... più che non per il tè.

Amore è quando ogni giorno lei ti lascia l'illusione di essere stato tu a salvarla da ieri.

Buongiorno
"I believe in yesterday" (cit)








L'arte di cambiare discorso 

(phone call)

- Beh, come ti dicevo, il concerto è importante... ho investito molto in quel progetto...

- Ho messo lo smalto azzurro, sai?...

- ... bello. Però quella parola lì mi fa venire in mente la canzone, quella che cantava Celentano... mi fa tristezza quando dice che "lei è partita per le spiagge, e sono solo quaggiù in città... la mettevano sempre alle giostre, quand'ero piccolo... la mettevano gli zingari, erano due, uno alto e uno basso. Dicevano che quello basso avesse un coltello...

- I coltelli mi fanno paura... gli zingari no... sai, c'è quella canzone che dice " Ho visto anche degli zingari felici, corrersi dietro, far l'amore, e rotolarsi per terra... 

- Con la mia prima band facevamo rock'n roll, e il bassista ad un certo punto si rotolava per terra... anche alle prove!... Però prima stendeva una coperta di lana scozzese

- ... gli scozzesi parlano un inglese incredibile... hanno la erre accuminata, e non è vero che sono tirchi, c'è quel calciatore che è morto da poco che ha dilapidato tutto il suo patrimonio... 

- Quello lì era inglese... comunque quando muoio io la lapide non la voglio... nessuno dovrà sapere che sono io quello là sotto...

- Perchè, tu lo sai chi sei?... Secondo me saresti piaciuto a Pirandello... lui per me è stato fondamentale per la letteratura del novecento...

- Ieri sono andato a ritirare la macchina, cazzo... doveva essere un tagliando e invece ho speso novecento euro

-... gli zingari suonano da Dio la chitarra, non trovi?...

- Se Dio esiste, mia cara, dovrebbe tenere d'occhio i meccanici...

- Arancia meccanica da ragazza mi faceva paura... poi Beethoven con quei suoni elettronici...

- Stamattina mi sono fatto una spremuta con le arance siciliane... che libidine...

- ... sai?... Secondo me tu non mi desideri più come un tempo...

-... la partita di ieri sera... nel primo tempo sembrava una passeggiata... invece poi...

- Ah ecco!... bravo... adesso cambi discorso eh?




La vita è un continuo Log in per rientrare in qualcosa di tuo, e c'e sempre qualcuno che ti chiede se hai dimenticato la password..
. sì, cazzo... io me la dimentico sempre la password, e se me la scrivo perdo il foglio... 
amore, come puoi aver dimenticato la password del mio compleanno?... 
amore, come si fa a dimenticare la password della mia casa al mare?... 
amore, perchè quando hai scritto quella cosa bellissima mi hai chiamato con un altro nome? Avresti almeno potuto chiamarmi con il mio User Name... 
amore prrchè rispondi sbagliato anche alle mie domande retoriche?...
guarda che se fai così anche nel tuo lavoro presto non ti resterà che fare il mendicante...

Quello fu un giorno importante nella mia vita.
Quello fu il giorno in cui scoprii che i mendicanti e i barboni sono gente che ha dimenticato tutte le password... 
gente che amava la propria compagna, ma cannava le password dei compleanni e delle case al mare... 
gente che nel proprio lavoro cercava ogni giorno password diverse... 
gente che ha perso tutto, e cerca nei cassonetti le chiavi per tornare in quel mondo bambino in cui non servono password.

Sorry baby, I forgot to get a brand new account to say you I love you... anyway good morning


















Vado
sì, vado
salgo sulla notte
salgo sulle note
suono le mie ore
suono i giorni a vuoto
suono per destino
suono per amore
suono che ti chiamo
suono che ti amo
suono quei giorni di luce
seminati a grano.

Vado.
Adesso vado.







C'è un istinto profondo, scritto chissà quando e chissà dove, che mi porta a raccogliere a piene mani. Derubare, rapinare... senza toccare niente.
Ho rapinato anche gli sguardi degli altri, non riconosco diritti di proprietà, in questo senso, perché ciò che porto via non si vede.
Non so se dovrò restituire tutto, al momento del trapasso... non so se ti fanno passare in uno di quei marchingegni che si vede tutto quello che hai addosso, come negli aeroporti... ma se fosse così io lascerei lì tutto.
Tutta roba invisibile, che a loro sicuramente non interessa, ma non te la fanno portare, perché c'è un diffuso e legittimato gusto sadico nello spogliare, nel deprivare la gente, come se quella fosse la leggerezza, come se così si tornasse puri e innocenti.
Ma non c'è problema, io lascio lì tutto...
Tranne i tuoi occhi.
Quelli li nasconderò dentro i miei, e non li troveranno.











Avevo paura ogni volta, scendendo giù. 
Non perché vi fosse un vero pericolo, era l'idea di laggiù a rendermi inquieto.
Mentre scendevo ogni passo era una certezza incrinata... e il mondo attorno si disegnava ai miei occhi con altra luce.

È stato sempre così, quando scendevo da te. 
C'era solo un piano, due rampe di scala, e quella piccola sosta davanti alla porta, prima che tu aprissi. 
Ora so che facevi apposta a non aprirmi subito.
Prima credevo un sacco di cose... credevo tu riconoscessi il mio modo di aspettare lì davanti dopo il trillo del campanello... credevo tu prendessi tempo per cullare la mia ansia di averti... per poi accogliermi come fosse un abbraccio prima dell'abbraccio... come fosse un bacio prima delle labbra.
In realtà ero io a prendere tempo con me stesso. 
Mi piaceva stare dietro quella porta ad aspettare il tuo modo di aprire unico al mondo... senza far scricchiolare niente... la vecchia porta taceva i suoi lamenti ed i suoi acciacchi, scivolava in un sibilo sulle cerniere. 
Invece dentro io avevo l'inferno, le musiche roventi dell'attesa a tuffarsi nell'eco della tromba delle scale, poi il ronzio sordo di qualcosa di antico, di inevitabile, di fulmineo ed irrevocabile.

L'amore si presenta così. 

Ti mette fuori da una porta a sperare che si apra, o che non si apra.
Devi scendere di un piano, dentro di te, dove tutto quello che c'ė sembra nuovo... dove lei s'è presa cura anche delle muffe dei tuoi ricordi...

All'amore la gente chiede di usare prodotti infallibili per togliere le muffe.







Verde, era tutto intorno. Niente cambia in un attimo come il verde, un grumo di luce che si scioglie, l'intreccio dei fili di vento con quelli d'erba giovane... tutto prende una strada ogni volta diversa.
Un tempo eri tu a dirmi di restare immobile a guardare.
E io vedevo la tua immagine riflessa in ogni cosa, dimenticavo l'esattezza ed il nitore... cercavo l'angolo di sguardo che potesse regalarmi ciò che volevo... trame soffuse e nodi non stretti. Poi i tuoi capelli raccolti attorno al vivo dei pensieri, e le ciocche dimenticate libere sulle guance, come carezze, come mie carezze. 
Intorno tutto era verde, un verde di linfa giovane. Noi eravamo linfa giovane delle nostre cose a venire, laggiú, da qualche parte, tra gli ingorghi delle frette di primavera, c'era il nostro futuro. Così facile a vedersi, con il passo sicuro di quando s'immagina... così impossibile da calcolare, quando non si conosce la strada.
Strade ce ne sono tante, e ti vedi già laggiù.. e dimentichi di chiederti se sai veramente camminare.






Ricordo la prima volta che ho visto una foto del pianista col capo ricurvo. Bill Evans.
Le mani sulla tastiera, con tutta la vita dentro, e il capo come abbandonato in avanti, tra le spalle. Quasi non gli servisse.
Quanta musica c'era, già in quell'immagine.

Ricordo mia figlia, quando lo ha disegnato... disse che gli sembrava severo con se stesso, e faceva tenerezza. Ma era la sua musica a tenerlo in pace.

Ricordo quando lo vidi sedersi al piano, tanto tempo fa, a Chicago, in un posto piccolissimo di cui ho dimenticato il nome. 

Ricordo che entrò con un'aria spaesata, l'aria di chi non è a casa, e forse non sa nemmeno dov'è la sua casa. 
Si sedette, ed era a casa. 
Fece una lunga introduzione, di quelle che ti conducono ad un tema, ma potrebbero condurti a casa... 

Prima di iniziare a suonare aveva detto qualcosa, ma io ho capito solo il titolo del brano: Time remembered...

nel grande giardino della memoria, le cose vissute sono come fiori dai colori che cambiano ad ogni sguardo... non possiamo mai rivivere lo stesso ricordo senza che ci appaia sempre diverso. 

Non possiamo cogliere questi fiori una volta per tutte... il giardino ce li regala sempre con sfumature diverse, con colori indefiniti che solo la musica può raccontare 







Appunti di viaggio.

L'Autogrill come sempre mi ispira.

Alla cassa, prima di me, una smanata di suore, una conventicola di drappeggi azzurrognoli... anzi un convento intero in gita premio. 
Sorridenti e socievoli. Giovani, quasi tutte. 
Stanno contrattando un ordine cumulativo, alla cassa... io facevo il tifo... anzi, ho chiesto loro se per un attimo avessi potuto prendere i voti e unirmi al loro ordine (non all'ordine religioso, ma a quello da fare alla cassa).
Hanno riso tutte (tranne una che mi odiava, forse già da una vita precedente).
La più loquace mi ha detto sorridendo di pregare e aspettare... perché se non c'è la preghiera nella tua vita ci sei solo tu.
Io ho pensato: "Magaaaari..."

Poi, mentre finalmente mangiavo il mio panino, nel tavolino a fianco tre di loro sfogliavano una rivista, e dicevano che Brad Pitt poi non era così bello... si sono girate verso di me, mi hanno guardato, e sicuramente hanno cambiato idea.

Giuro che è tutto vero. Lo giuro sul nuovo Papa Francisco primo, o poi

Parto. Nevica.
Partenza è un altro viaggio.
Nuovo viaggio,
Fine di qualcosa prima.
Parto.
Nascere al mondo.
Morte dell'attesa.
Ho visto. I miei figli.
Ho visto. Mia madre. Da dentro.
Ma non ricordo.
O forse sì.
Ho visto. 
Te.
Nascere in me.
Mettermi al mondo il mondo.
Poi dimenticarmelo addosso.
Ora.
In autostrada.
Poesia.
Per-Ravenna-attenzione-uomini-al-lavoro-men-at-work-dopo-Bagnacavallo-

La sintassi è asservita ai poteri forti, io sono per la rivoluzione!... Basta col soggetto!... Egoista, egocentrico, accentratore... e basta con il verbo!... Servilista, fuorviante... e basta con i complementi!... sottomessi, asserviti, defilati oltre ogni limite!...

E allora ecco:

Vento dietro, davanti, da ogni direzione. 
Case, intorno, ma non sempre... prati, anche. 
E alberi, fronde e rami ubriachi di luce. 
Giochi, tra foglie e luce. Io e te. 
Quasi stupiti di noi. 
Niente mondo, attorno. 
Solo noi.
Parole, fuori nell'aria, ma da dentro, da me a te. 
Da te a me... cose sfiorate: mani, pelle. 
Poi labbra.
Un pensiero, sfibrato, molesto... lì in giro, a mezz'aria, tra noi.
Via da lì, allora. Passi brevi, sfasati. 
I tuoi occhi, fuori dal mio angolo di sguardo. 
I miei occhi, come domande.

Vento dietro, davanti, da ogni direzione. 
Case, intorno, ma non sempre... prati, anche. 
E alberi, stecchiti, turgidi di nebbia. 

Io, te. 
Senza più la "e" in mezzo.
Eddie Gomez qualche mese fa in studio mi disse che avrebbe intenzione di scrivere un romanzo. Avendo saputo da Massimo Manzi che io ne avevo scritti alcuni, con l'umiltà tipica dei grandissimi, mi chiese lumi su come sostenere la struttura. Poi mi disse che i personaggi della sua storia sarebbero stati tutti i geni con cui ha collaborato che non sono più tra noi; gente come Bill Evans, Miles, Trane ecc.
Vorrebbe farli interagire in una storia inventata, ma aveva molti dubbi su come strutturare la storia, aveva solo vaghe idee basate sulle originali caratteristiche e sulla grande cifra umana di quegli immensi artisti.
Insistette per sapere cosa ne pensavo. 
Allora io gli dissi che quei personaggi sono già storie, e a loro non serve altro che la tua penna.
Poi azzardai un po' di ironia e gli chiesi se ne sapesse qualcosa sull'arte dell'improvvisazione (!!!)...
Lui sorrise e disse "Yeah... I suppose..."
Dopo i nostri occhi lucidi per la risata lui: "And so?"
E io: "Lascia andare quei tipi in giro liberi per le tue pagine, e la storia si farà da sola..."
Sembrava soddisfatto.
Poi disse:
"Ok... gonna play now."


Una volta ho imparato a ricordare.
Ero piccolo, e come tutti i bambini vivevo nel presente, cosa bellissima e auspicata da tutti i saggi sostenitori del pensiero positivo. 
Però già da piccolo ho dovuto imparare a ricordare... allora sono diventato una specie di ricordatore di ricordi. Ricordavo le persone che non c'erano più, ricordavo le cose che avevo vissuto attraverso gli affreschi di memoria di mia nonna, di mia mamma, di mio padre, del vigile della piazza, del barbiere Gianni...
Tutte cose che ricordo ancora benissimo.
Poi sono cresciuto, e ho vissuto, ho visto, mi sono indignato spesso per gli oltraggi che vedevo attorno a me, mi sono esaltato di fronte alla bellezza e al nuovo sole che sorge ogni giorno anche sulle tragedie e le sciagure.
Molta gente pensa che bisogna dimenticare il brutto per vivere la bellezza. Io no.
Io dico che ogni giorno bisogna ricordare.
Ho visto troppi restyling del passato... basta lasciar passare un decennio, o anche meno, perché il sistema torni in default.
Io dico che ci dovrebbero essere delle università della memoria ovunque, dove a tenere le lezioni non siano solo gli accademici, ma anche gli anziani del borgo, e tutti quegli adulti/bambini che hanno mantenuto vivo il vizio di ricordare.
Una volta ho conosciuto una ragazza, lei amava ascoltare, ma raccontava pochissimo, come se facesse un'enorme inutile fatica ad aprire lo scrigno delle sue cose andate.
Un giorno mi disse "Tu vivi nel passato, e non so se ti fa bene"... Io le risposi che il passato di ognuno di noi non è solo un riflesso del presente, ma è uno specchio d'acqua... puoi scegliere se vuoi lasciarlo prosciugare oppure far sì che le gocce del presente vadano ad alimentarlo.
La memoria è legata alle emozioni, che sopravvivono in noi anche se tentiamo di cancellarle... l'acqua trova sempre una strada per arrivare in superficie.
Mio cugino dice che non siamo ancora pronti per un papa alieno.

buongiorno
switch on your memories






Che noia in giornate come queste... non succede mai niente di smemorabile... uffa...
mio cugino ha sognato che c'era una gran nebbia bianchissima, e da quel bianco emergeva Bobby Mc Ferrin che però aveva cambiato nome, si faceva chiamare Bird I... e faceva cantare una piazza gremita di gente in tripudio. 
E il miracolo era che andavano a tempo…








Ho camminato un po', per mettere aria della sera attorno ai miei pensieri. E mi sono fermato appena i pensieri hanno preso a volare da soli.
Troppo spesso ci si nasconde ai pensieri, o troppo spesso non li si lascia andare dove vogliono. Allora io mi fermo, e li guardo andare, tornare e girarmi intorno... è bello quando la gente passa e mi crede matto. Mi piace.
Nessuno legge nei pensieri, ma tutti possono imparare a guardarli, perché sono scritti in una lingua astratta sulla faccia di chi li fa. 
A volte ti guardo, e vedo i tuoi pensieri scritti in una lingua che conosco, scritti in una lingua senza altra punteggiatura che non sia il respiro... li capisco meglio quando le tue mani li traducono su di me, con una sintassi antica che li condensa tutti in una sola parola.
Oppure no. Quando le tue mani tacciono, e devo cercarmi nel profondo dei tuoi occhi, a volte c'è nebbia e il mio sguardo deve farsi acuto per giungere fino al tuo limpido specchio d'acqua...
non serve vigore, serve una brezza leggera, di musica e silenzio.








Very early... quando è troppo presto per tutto... 
un tempo sospeso prima che arrivi il tempo. uno di quegli spazi vuoti in cui pulsa lo potenzialità di ogni cosa a venire. 

Da piccolo il "troppo presto" era quando dovevano ancora arrivare gli amici, e tu eri lì a figurarti tutti i possibili giochi da fare... poi, quando non sei più bambino, e diventi un giovane uomo, la vita, contro la tua natura, ti dice di attendere, perché è presto per pensarti come un uomo. Allora tu riempi quegli spazi d'attesa con un'impazienza che ti spinge ovunque, a cercare, a volere, a desiderare. E' troppo presto per avere, per fermare la corsa, per essere qualcosa, qualunque cosa tu volessi essere. 
E se quello che vuoi essere ha a che fare con la musica, tu vuoi che la musica cominci; è troppo presto per gustarsi quell'attimo prima che cominci... troppo presto per capire che in quell'attimo c'è ogni musica possibile. Troppo presto per sapere che è da quel silenzio che viene la musica.

Very Early... capolavoro di Bill Evans... quando da giovane ero a Chicago, andai a sentire Bill Evans con Eddie Gomez. 
Qualche mese fa ho registrato in studio con Eddie Gomez, e gli ho detto che trent'anni prima lo avevo ascoltato suonare con Bill Evans, in quella città dove il vento non ha mai fretta di posarsi.
Ricordo benissimo quando seppi della morte di Bill, che se n'era andato... troppo, troppo presto.

Qui siamo io e Simone, il giorno prima di un concerto/tributo alla musica di BillEvans... anni fa. 
Era troppo presto perchè fosse l'ora del concerto, allora abbiamo registrato questo brano, un brano che Bill ha intitolato così perchè era troppo giovane quando l'ha scritto.


Quando incontro qualcuno che c'ha su la faccia di chi "ha capito" mi prende quella solita fitta all'inguine che poi mi fa camminare un po' storto, come quelli che "hanno mica capito un cazzo"...
Allora sono facile preda, vorrei andarmene in tempo prima che quello lì mi raggiunga per dirmi che dev'essere la prostata, che non respiro bene, che dovrei camminare scalzo sul bagnasciuga almeno sei ore al giorno... e cose così.
Non faccio resistenza, mi lascio raggiungere, e mi offro supino alla sua scienza. Accetto sorridendo le sue diagnosi e le sue prognosi, e lo ringrazio molto, aggiungendo però che tutte le cose che lui mi ha detto le ho lette ieri sera in un quartetto d'archi di Shostakovich...
Questo mette in stallo la sua logica, almeno per qualche secondo, prima che lui mi risponda che quel libro è superato...
Per fortuna passa di lì una tipa che ha fatto in tempo a sentire tutto... sorride e mima un vago cenno di plauso, poi se ne va oltre, con quel tipico passo di chi sfiora le cose sorridendo.

Mi viene in mente quello che diceva mia nonna per definire i "sorridenti sfioratori di cose"...
li indicava e diceva:
- Quel chi lè ui da grèzia a campè...-

buongiorno
keep your graceful step on toe








Mio cugino, di fronte all'incapacità di tenere testa a sé stesso, aveva due strade. 
Come al solito ne ha scelta una terza: quella di percorrerle tutte e vedere cosa c'era in fondo.
Quello che ha capito è che in fondo ad una strada non c'è mai altro se non il dover percorrerne un'altra con in tasca le strade già fatte. La vita è questo. Andare. Muoversi. Guardare... guardare molto e immaginare.

Una volta incontrò una ragazza. Lei pensava fosse saggio, perché aveva quegli occhi che quando ti guardano cambiano il paesaggio che hai dietro, ti portano via in un mondo diverso ad ogni sguardo.
Secondo lei questo era dovuto al suo aver viaggiato e capito tante cose sul mondo... secondo lei era saggezza: una cosa difficile da ottenere, in una sola vita.
Secondo lui invece quello era amore... la cosa più semplice ed impossibile che ci sia al mondo. 
Ma lui adorava le cose impossibili, e quello che voleva era il miracolo di riuscire a mutare il colore delle pagliuzze dorate dentro gli occhi di lei, e far sì che si dimenticasse del paesaggio che aveva dietro.
Per lui l'amore era il contrario della saggezza.
Quando sei saggio prevedi le conseguenze di ogni cosa... l'amore invece non è più amore se sai già come va a finire.
Glielo disse.
E lei si comprò un paio di occhiali scuri, molto belli, che teneva su tutto il giorno.

Ma lui non è tipo da arrendersi, e fece la stessa cosa. Occhiali scuri pure lui.
Nelle passeggiate nebbiose d'autunno inciampavano dappertutto.
Cadevano e si baciavano.

La saggezza è vedere oltre.

L'amore è cieco, e niente lenti polarizzate, sennò non vale.

buongiorno
please baby, blind me







Da piccolo guardavo mia nonna sporgersi e protendersi oltre l'impossibile per arrivare a quei lunghi fili tesi per stendere i panni ad asciugare. 
Ammiravo la sua perizia... lei, così minuta e alta poco più di un niente, che armeggiava con le mollette facendo vibrare quei fili tesi al sole. Sentivo quei suoni fare da sfondo alle canzoni che cantava, e a cui inesorabilmente adattava parole sue, checambiavano insieme al suo umore... vizio di famiglia.
Le mie magliette, stese al sole da lei, sembravano più belle... e forse io, sentendo quelle corde vibrare, ho contratto il vizio che ho, ormai incallito, di pizzicare qualunque cosa somigli ad una chitarra... inoltre avevo la sensazione che fosse lei a governare il vento, invece la sua era solo antica pazienza.... mia nonna era senza dubbio la più grande folksinger che conoscessi, allora... poi, col tempo, devo ammettere che l'ho tradita con Joni Mitchell...

Scrivere è come stendere panni al sole... prendi le parole e le disponi con cura sul filo dei pensieri di chi legge... non sei tu a governare il vento, ma ti piace avere l'illusione di esserlo.

Buongiorno
fold your dreams on a wire






Ricordo come fosse ieri quando mio cugino è stato espulso dal catechismo. 
Si stava parlando di come le nostre azioni siano guidate dall'alto, e lui alzo la mano e disse che era vero... disse che gli alieni hanno sofisticatissimi telecomandi, e se beccano la tua frequenza ti fanno fare quello che vogliono.

Potrebbe essere vero, perché vedo continuamente gente che fa le cose come fosse guidata a distanza da un remote control. 
Un tipo stamattina è entrato di spalle al bar, spingendo la porta con la schiena, come avesse in mano qualcosa di pesante. Invece no. Non aveva niente in braccio. Stava parlando con qualcuno di là dalla strada, ma una forza misteriosa lo spingeva ad entrare. 
E il vigile davanti alla scuola ruotava l'avambraccio nel classico gesto di far fluire il traffico, però non stava passando nessuna macchina, lui era guidato da una forza misteriosa che evidentemente ha molto a cuore la fluidità del traffico. 
Ma è inutile chiamarsi fuori, siamo tutti guidati da qualcosa di misterioso, e facciamo spesso cose assurde.
Io quando vado nelle città sono guidato sicuramente da un alieno che non aggiorna mai le mappe terrestri, perché mi perdo sempre.

Come quella volta con te.
Ci siamo perso dopo quella rotatoria. 
Non c'è niente come una rotatoria che possa far perdere l'orientamento all'amore.

Qualunque uscita tu prenda è sbagliata.
Funziona solo finché riesci a girare intorno







Mia madre da bambino mi metteva sempre il farfallino con l'elastico, nelle feste comandate. Pensava che un bambino deve fare la sua figura, deve avere i suoi bei calzoni bianchi, la camicia, le bretelle intonate, il gilet blu coi bottoncini dorati e quell'ineffabile tocco di classe che solo il farfallino con l'elastico ti può dare.
Solo che mi stava sempre un po' storto, a me, il farfallino.
Mi andava stretto. Non mangiavo, ero come un chiodo, ma il farfallino mi andava stretto.
Mia madre era la persona più buona che si possa immaginare, ma aveva i suoi canoni estetici... dopo avermi messo il farfallino mi pettinava, e quella era pura felicità.
Era felice, quando salivo sul palco a cantare, con il mio impeccabile farfallino storto.
E' incredibile come io nella mia vita non sia mai riuscito ad evitare di avere qualcosa di storto, addosso... forse è a causa della memoria inconscia delle "storture" che vedevo attorno... tutto ciò che vedevo iniziava bene, con grande slancio ed eleganza, ma prima o poi prendeva strade storte... incomprensibili, per un bambino come me, che poi se le raddrizzava con la fantasia.

Mi è sempre piaciuto il jazz, perché è pieno di stradine che partono dritte poi le storci come vuoi... angoli, intervalli, accordi storti, un'idea del ritmo che puoi storcerla come vuoi, ma se sai fare torna dritta...
Io voglio suonare il farfallino storto che mia madre mi metteva...
Voglio suonarlo sempre











Il mondo è pieno di persone che non hanno mai scritto una riga, ma hanno pensato molto, e molto oltre i pensieri più docili...
Da piccolo parlavo sempre con il vigile della piazza... ho sempre pensato che fosse lui a dare un senso a tutto quell'andirivieni, e quando non capivo qualcosa chiedevo a lui, che si toglieva per un attimo il casco coloniale, si asciugava la fronte, e mi rispondeva.
Una volta gli chiesi perché si metteva in mezzo alla superstrada e bloccava il traffico, fischiando e gesticolando, per far passare due anziani, Binela e Burdòun, mentre a me non mi faceva mai passare...
lui rispose che loro erano contadini, e non capivano il traffico, e invece io dovevo aspettare, guardare e imparare...
io allora pensavo che sarebbe stato bello essere anziano e contadino, come Binela, che mi cavava i denti da latte con le sue mani di legno nodoso, e poter passare di là per andare a giocare con i miei amici...
però sapevo anche che gli anziani avevano diritto di passare, perché in casa mia mia nonna passava sempre, e noi dovevamo spostarci...
però poi il vigile Luigi mi lasciava entrare con la bicicletta nella guardiola dove andava a cambiarsi a fine turno... io stavo lì, sulla bici, e lui mi spiegava il senso delle cose della vita... mi diceva che la prima cosa che si deve imparare nella vita è tenere gli occhi ben aperti, la seconda è saper aspettare, e la terza la capisci quando sei più grande... 
poi, quando, vestito da uomo normale ma con il segno del casco sui capelli, attraversava per andare nel bar a bersi un goccetto, mi portava con lui... senza bicicletta, però... quando era lì dentro rideva in dialetto con gli altri del bar, che però non avevano il segno del casco nei capelli...
a volte mi comprava un ghiacciolo, spesso mi diceva di non toccare niente se non c'avevo i soldi...
quando mi faceva riattraversare fermava le macchine anche senza divisa... e lì ho capito che alcuni possono fermare le macchine anche senza divisa, basta crederci...

buongiorno
cross roads of the world







E' curioso pensare a quelle persone che hanno cambiato la tua vita in modo così profondo da non poter immaginare come questa sarebbe ora se non le avessi mai incontrate.
Allora penso al primo momento in cui le ho viste in faccia senza poter immaginare il peso che quel sorrisetto distratto avrebbe avuto sul mio destino...
penso a mio padre, per esempio...
non ricordo la prima volta che gli ho sorriso, ma sono certo che lui avesse già a quel momento dei piani su come correggere la rotta della mia presunta deriva esistenziale...
penso al suo fermo esempio, che non condividevo già dai tempi della culla, ma che mi ha insegnato cosa voleva dire non avere dubbi, per farmi capire quanto e' importante averne e coltivarli come germe della scoperta e del cambiamento... 
penso a quel professore di lettere che con grande nonchalance ci butto lì “Il castello dei destini incrociati” di Calvino... ed al suo stupore davanti al mio dopo aver letto quel libro... 
penso a quando ho incontrato Franco Cerri e gli ho detto che da piccolo lo guardavo in TV suonare “Maramao perché sei morto” e improvvisarci sopra... ed al suo sorriso luminoso che mi esprimeva gratitudine sulla fiducia... penso alla prima donna che mi ha lasciato perché avevo disatteso i suoi progetti riguardo al mio destino... 
penso al viso bambino di un amico di gioventù che avevo incontrato per caso dentro la musica, 
e che poi dopo anni, in un ruolo diverso, ha contribuito a salvarmi la vita... 

penso a mia madre, che ora ha dimenticato tutto, ma non di avermi regalato la vita...
poi penso a mio cugino, che si ostina da anni a coltivare nel mio giardino piantine insulse convinto, senza ombra di dubbio, che una volta cresciute attireranno nuvole di meravigliose farfalle tropicali...

penso...









Mia nonna mi diceva sempre... guarda in alto, e tutti crederanno che sai dove vai...
cara vecchia Ombrina, ho dato tutte le interpretazioni possibili a questa cosa che mi dicevi, ma tu forse volevi solo dirmi che è importante, nella vita, avere una direzione in cui andare, ed è importante che gli altri lo sappiano. Tu non guardavi alto, eri piccola, e i tuoi orizzonti erano la punta delle tue ciabatte, ma la tua tenacia nell'affrontare la traversata della sala da pranzo per non andare da nessuna parte mi ha insegnato molto.
Tutti dicevano: "Spostati, che la nonna deve passare..." e io mi spostavo.
Avevi un passo lento, ma nessuno si sognava di ostacolarlo... quando ero molto piccolo provavo a seguirti, ma inciampavo nelle cose, inciampavo anche senza inciampare, era difficile dosare il passo... era difficile capire che il segreto del viaggio sta nel sapere che è dentro ogni passo...
poi un giorno sei andata in alto, molto in alto... hanno provato a farmi credere che era lì che volevi andare... ma non ci ho mai creduto. 
Nella vita non c'è una direzione, ci sono passi da fare, persone da incontrare, cose da vedere... ad ogni passo. E' l'inesauribile meraviglia del mondo.
Ce ne vorrebbe di più, qui, di gente come te, che cammina senza volerci guadagnare su qualcosa, che cammina con quelle ciabatte speciali che non lo so chi te le ha date... che cammina non importa dove... che cammina con la fragile inviolabile eleganza di chi ha imparato dal proprio passo...










Ci sono volte in cui arrivi a notte e ti sembra di aver lasciato te stesso in giro per il giorno... perso da qualche parte, incagliato a qualcosa che non hai idea cosa sia, o forse sì, ma non ne sei sicuro. 
Preferisci andartene a dormire senza aspettare... dimezzato, eppure non leggero.
Apri il tuo libro, riprendi il filo della storia, quella ti aspetta lì, al punto in cui l'hai lasciata, leggi qualche pagina, o qualche riga, poi cedi al sonno...
e quella parte di te stesso che è rimasta in giro per la tua giornata ancora non si vede.
La ritroverai nei sogni.
Ti dirà dove è stata, e cosa ha fatto.
Te lo dirà in quella lingua lì, quella dei sogni... una lingua che non si deve capire, sono immagini, segni, limature di suono, polvere di emozioni sospese sopra di te, nel buio della stanza... a non dirti nulla di preciso, come quelle storie a ci devi dare tempo, prima che arrivino alla fine e farti capire.
In ogni sogno si ritrova un pezzettino di quello che eri, o che sarai...
un piccolo tassello di quel mosaico affascinante che è la tua vita.

Buonanotte...










La notte prima del capodanno, quella in cui tutti cercano di dormire molto per essere poi ben svegli nei festeggiamenti, io l'ho passata in studio con Marco Tamburini... fantastico musicista, per carità, però magari ci sono anche compagnie migliori, magari senza barba... 
poi sono stato svegliato dal tempestivo trillo di un messaggio, ad opera di qualcuno che aveva fatto un brutto sogno e mi credeva in pericolo... infatti lo ero, ero riuscito ad infilarmi in modo irreversibile nel sacco del piumino... non avevo scampo... con l'ineffabile tromba di Marco ancora nelle orecchie, destinato a rimanere lì per sempre, imprigionato in posizione goffamente fetale... senza scampo...
Io non mi arrabbio mai, per nessun motivo al mondo, tranne quando mi si vuole imprigionare in qualcosa con il quale è impossibile avere un dialogo... non c'è niente di più sordo ed insensibile del sacco di un piumino del cazzo... che tace e ti inchioda alle tue responsabilità motorie... 
quindi poi l'unica cosa che puoi fare è ricorrere alla violenza... ma no, dai... non é colpa sua se mi agito nel sonno...
però ho perso il conto delle ore, e magari il capodanno è già passato... allora tra poco ci sarà il concerto in tv con i valzer di Strauss e quel tipo crucco che spara sul fucile, e mai una volta che colpisca il direttore d'orchestra, che poi poverino non c'entra un cazzo se quel concerto lì m'ha sempre messo tristezza... e non è colpa sua se mi imprigiono nei sacchi dei piumini...
buon anno
e abbassatemi la tromba in cuffia, grazie






Lunedí post elettorale... mio cugino dice che gli alieni sono molto attenti alle sorti politiche di San Marino... dice che a loro da piccoli fanno leggere a scuola il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, devono saperlo tutto a memoria... devono sapere che i potenti sanno come far cambiare le cose perché possano rimanere sempre uguali... ma sanno bene che in realtà nulla rimane sempre uguale, il cambiamento si insinua e trasuda nelle pieghe atrofizzate dei sistemi blindati, e, finché mantiene intatta la capacità di guardare oltre la logica schiacciante dei principi di causa-effetto, può cavalcare i sogni e non farsi disarcionare... mio cugino appartiene ad una generazione che, come molte altre, ha visto tramontare gli orizzonti dei propri sogni senza ritenersi sconfitta, quindi ha mantenuto intatta la forza di rilanciare... perché, come dice il poeta Fossati... c'é un tempo per seminare, e uno piú lungo per aspettare... ma non bisogna dimenticare di aver piantato i semi, e lasciarli lì a marcire sotto le piogge acide della restaurazione...
mio cugino dice che ieri molti di noi hanno piantato semi di piante che qui non hanno mai attecchito, fino ad oggi... 
bisogna nutrirle con i sogni e non farle morire... bisogna continuare a seminare piante che sembrano aver nessuna probabilità di attecchire su queste rocce (e rocche)...
anche se tutto dovesse tornare ad essere mare ci saranno sempre terre che provano ad avere la forza di emergere... 
mio cugino dice gli alieni si governano da dentro, ed i loro governi non sono che proiezioni di ologrammi interiori... non è molto diverso da qui, allora
mio cugino ha una visione romantica ed idealista del cosmo, bisogna capirlo... ma in queste cose ci crede...
buongiorno
today is something else, anyway...










Accanto a me c'è un turista appena sceso da una di quelle macchine che già loro vanno in giro con la faccia sempre stupita... guarda in alto, si guarda attorno, guarda me e mi saluta cordialmente (ma dentro si chiede che cazzo ho da guardarlo guardare)... ha gli occhi pieni di cose mai viste, mima alla sua compagna, con le dita della mano destra, lo svettare delle tre torri nell'azzurro velato di nebbia...
io gli rubo per un attimo gli occhi per cercare di guardarle come mai viste prima, ho l'illusione di riuscirci... 
anni fa risalivo la superstrada in macchina con Don Thompson, straordinario contrabbassista di Toronto/New York... mi fece accostare, scese, guardò piegando il capo, risalì in macchina e mi disse... first time I see three towers in the sky...
guardai anch'io con lui per un attimo, coi suoi occhi...
cose mai viste...
la prima volta che suonai Bach c'era un ritornello che rimandava più volte all'inizio, ogni volta mi sembrava una cosa mai suonata prima... ci sono cose che hanno il potere del mai visto prima... 
i bambini hanno gli occhi del mai visto prima...
e gli anziani hanno il potere di trasformare in mai visto tutto ciò che hanno già visto, perché guardano con gli occhi della memoria...
mio cugino però dice che non c'è alcuna possibilità che le nostre tre torri siano state progettate da Johan Sebastiano Bach...

buongiorno
just like first time I saw you










Un giorno un bambino mi disse: " Ma... la musica non si vede, peró quando sento una bella musica mi vien voglia di disegnarla..." Allora io ho suonato guardando uno dei suoi disegni... lui alla fine ha commentato: "No... per quel disegno lì la chitarra non va bene, ci vuole la batteria... sai suonare la batteria?"
Io ho risposto di no.
E lui: "... mm... allora te ne faccio un altro."
Meraviglia...












"... guardavo le sue piccole mani sulla tastiera... c'era un graffio su quella tastiera, lei ci danzava sopra a cercare le note.
Emily aggiungeva sempre un sorriso a quelle note, poi chiudeva gli occhi. Ci ho messo un po' a capire quanto era brava... ci ho messo un po' a capire che quelle note erano per me... ci ho messo un po' a capire che aveva un graffio dentro da nascondere, e su quello non riusciva a danzare con la forza delle sue sole dita... e chiedeva aiuto alle mie.
Un giorno, uno di quei giorni in cui il vento a Chicago sembrava intenerirsi fin quasi a volersi far musica, abbiamo danzato le nostre dita assieme sulla tastiera della sua chitarra. Abbiamo suonato giocando, sfiorandoci... abbiamo nascosto con la nostra danza quel graffio... l'abbiamo nascosto con lo stupore scomposto dei nostri sensi.
Non c'c'era più.
Ci ho messo un po' a capire che se l'era nascosto dentro. Ci ho messo un po' a capire quando le bruciava forte, e non potevo farci niente perché anch'io avevo il mio, che avevo messo a tacere con la chitarra, e con l'oceano... 
ci ho messo un po' a capire che Emily aveva chiuso in una cornice d'oro il suo graffio.
Ci ho messo un po' a capire che quella cornice era per non farmelo vedere, per non farmelo toccare... 
un giorno mi ha suonato "Too you to go steady"... ma niente sorriso, solo occhi spremuti e respiro contratto, le sue note erano troppo stabili per essere giovani... fissate in una cornice d'oro da accordi troppo belli per essere danza...
ci ho messo un po' per capire...
ci ho messo anni per capire che tutti hanno un graffio dentro, e non bastano oceani e cornici dorate..."
(R.Monti 85)







Dagli appunti di viaggio di mio cugino:
"... i canoni estetici per gli alieni sono importanti, ma sottendono a leggi piuttosto sofisticate. Da ciò che risulta si ispirano a noi, nonostante il fatto che il nostro pianeta, tra quelli abitati, sia di gran lunga il più sfigato e retrogrado. Solo che nemmeno loro sfuggono all'andirivieni delle mode, ma sono evoluti dal punto di vista tecnologico, e sanno come intervenire in modo rapido e non invasivo sulle mappe genetiche... ne consegue il fatto che l'alieno maschio medio parte da George Clooney in su, e i loro sex symbol hanno tutti la gobba... non si sa perché... o forse sì.
Hanno rimosso il gene dell'invecchiamento, ed il loro tripudio ormonale é devastante ed inesausto ad un punto tale che l'unica causa di mortalità precoce, attorno ai duecentocinquant'anni, è dovuta all'accanimento autoerotico ossessivo compulsivo. Per gli alieni femmina è diverso. Pare che siano dotate di un tacco retrattile che si può regolare a qualsiasi altezza in modo istantaneo in qualsiasi situazione... semplicemente col pensiero.
Va detto però che i loro modelli televisivi e mediatici in genere sono diversi dai nostri... i loro cantanti rock fighi sono modellati sul look di Ligabue, ma emettono sibili incomprensibili... i testi delle canzoni aliene sono infestati da messaggi subliminali continui ed assillanti... ed ai grandi raduni freak tipo Moonstock succede di tutto.
C'è da dire però che in genere hanno poco swing, perché non hanno mai importato schiavi africani... ed inoltre anche Count Basie in assenza di gravità ci perde molto... ma su questo ci stanno lavorando..."

buongiorno
it don't mean a thing if it ain't got that swing...








E’ difficile dire perché certe note riescano a descrivere attimi o intere stagioni... difficile dire perché ci nutriamo continuamente di senso compiuto quando spesso per stare bene abbiamo bisogno di qualcosa che non ha senso...
ricordo un vecchietto, Marnicca, che anche quando ti parlava di una cosa molto seria ogni tanto si fermava per sfiorare il pavimento del bar con tre passi di valzer e un abbozzo di giravolta... come se quello fosse un modo di prendere fiato... come se quello fosse ciò che realmente dovevi capire... come se l'incedere della vita vera fosse quello di una danza...
mio cugino dice che quando suono dovrei farlo come se quella fosse l'ultima danza... io allora stacco le mani dallo strumento per fare un gesto di scongiuro, e lui mi accusa di essere volgare e insensibile... 
buona serata...
keep on dancin'









Musica come un vento forte, 
come un agguato di spalle, 
come un oltraggio, 
come frenare in ritardo, 
come un brusco risveglio sudato... 
come notti violate da crepe sui muri...
musica come vetri in frantumi, 
clangori di lame in un vuoto di nebbia, 
come la lenta dissolvenza 
delle ragioni di un torto subito... 
musica come un boato di notti lontane,
come singhiozzi, singulti e sussulti...
musica come occhi di piogge acide,
come franata in un mare bollente...
musica che frigge l'aria dove passa,
musica che passa e finisce...
che atterra stordita...
che tace, sfinita






In questa vita, crescendo, sono venuto a contatto con persone che provavano, in vari modi, più o meno figurati, a volare... amici, famosi artisi... il mito del volo è connaturato al genere umano da sempre, anche se non ha le ali ed è schiavo della forza della gravità... non basta il monito di dedalo e icaro, c'è sempre qualcuno che prova a farsi crescere le ali e sfida il sole anche solo per vederlo brillare più da vicino... quando quelle ali si spezzano all'improvviso rimaniamo senza fiato, e non sappiamo cosa dire, spesso fa capolino quel cinico moralismo che fa dire: "sapeva di rischiare la vita"...
io mi chiamo fuori e dico... grazie di aver volato così in alto...
era uno che parlava un'ironia giocosa, romagnola e sgangherata come quella dei nostri figli più o meno adolescenti... era uno che voleva volare... grazie Marco, non smettere di provarci









Le note hanno tutte una loro personalità della quale, a mio avviso, bisogna tener conto:
DO è troppo altruista... RE ha smania di potere assoluto... MI è egoista ed egocentrica... FA è iperattiva e stakanovista... SOL fatica a socializzare e sta sempre per conto suo... LA si proietta costantemente altrove... SI è accondiscendente perchè non riesce a dire dei no.
I diesis e i bemolle invece hanno poca autostima perchè presi da soli non contano un cazzo, e qualcuno si dimentica anche di leggerli