giovedì 15 marzo 2012

tarse diem

io adoro quelli che ti trovi casualnente a fianco quando prendi il caffe' al bar e , dopo qualche sillaba smozzicata a proposito del tempo, si lanciano nei meandri profondi delle loro turbolenze esistenziali e ti raccontano di come, in ogni cosa che hanno fatto, si sono sempre sentiti a meta', cazzo... che io quella volta ce l'avrei fatta a partire per new york dove mi avevano chiamato perche' la' quella cosa li' non la sanno mica fare... una meta' di me voleva partire... quella della testa, e anche del cuore, ma l'altra aveva paura... l'altra aveva paura di rischiare il culo... ( beh, se era solo quella la parte che rimaneva a casa il pericolo in effetti c'era)... ti dicono tutto questo in un parlato pieno di immediato candore, in una sitassi di quelle che piacciono a me, ondivaghe e sbilenche, che obbediscono a leggi emotive e fonetiche... poi all'improvviso osano figure retoriche che ti inchiodano al muro... tipo... quando sei diviso a meta' di fronte a una cazzo di cosa che la vita ti presenta davanti all'improvviso e' la volta che dai retta alla parte sbagliata... qualunque sia... e ti ritrovi a terra con le due meta' divise e scomposte... meta' carpo e meta' tarso... (!?)... 
quelli che vanno avanti con la parte sotto, e prendono a calci la vita cogliendo l'attimo obbediscono ad una variante dell'imperativo categorico "carpe diem"... che per loro diventa... "tarse diem"... quelli, poi, con i piedi ben piantati per terra, colgono l'attimo fuggente al grido di "scarpe diem!!!"... che naturalmente e' l'ideale anche per i calzolai gaudenti...
buon/giorno... (diviso a meta') 

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