martedì 28 febbraio 2012

fitzcarraldo

in un bellissimo film di anni fa klaus kinsky interpretatava fitzcarraldo, un tipo che voleva costruire un teatro dell'opera nel cuore della foresta amazzonica... vinceva la sacrosanta ostilita' deli indios facendo loro ascoltare la voce di caruso, come se il linguaggio universale dell'arte potesse magicamente far sparire le insormontabili barriere tra i mondi, le culture e le diacronie della storia... beh... suonando da anni ed anni in giro mi e' capitato, e capita, di avere davanti gente civilizzata che dimostrava qualcosa di ben piu' nefasto della naturale difficolta' di aprirsi ed accogliere un messaggio in un linguaggio sconosciuto ed in qualche modo inquietante... l'arrogante indifferenza... l'assuefazione... quel torpore che uccide ogni forma di stupore ed induce comportamenti di alienata ostilita' che si manifesta nel non accogliere, nel parlare con gli altri, ridere, giocare con le suonerie del telefono quando si dovrebbe ascoltare e mettersi in contatto con cio' che ti sta accadendo davanti... quando suono davanti a gente simile mi verrebbe voglia di provare a fare la stessa cosa che faceva Fitzcarraldo... tirare fuori un grammofono, caricarlo, e liberare nell'aria la voce di Caruso per vedere cosa succede... per vedere se gli indios erano veramente piu' incivili di certa gente che ti trovi davanti ad ogni passo in questo nostro emisfero cosi' culturalmente evoluto... mio cugino dice che Caruso e' un'altra cosa, ed ha ragione... ma io mi ricordo come fosse ieri di quando ho bevuto il caffe' a sedici anni nel bar di serravalle di fianco a Max Roach, che intercettando il mio sguardo stupito mi ha sorriso... o di quando, anni dopo, ho involontariamente calpestato Chet Baker che dormiva in terra nel buio del camerino di un teatro... lui, dico lui... mi ha chiesto scusa...
buongiorno a tutti... anche agli indios, tanto sicuramente anche loro ormai vanno su facebook

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